Non mimose, nè macaron Ladurée. Nemmeno il weekend alle terme o una cena da Cracco. Per gli 8 Marzo che verranno, ho un’unica richiesta da farti, Matthew. Se il tuo studio del multisfaccettato animo femminile inizia con Siamo così, dolcemente complicate e finisce con Oltre alle gambe c’è di più, ecco, per il primo lungometraggio non lanciarti in uno psico-thriller all’estrogeno, te ne prego. Ci sono così tanti Capitan America di cui parlare…
Aspetta, che significa “Troppo tardi”?
Cosa nascondi lì dietro? Fammi vedere! Julia…che roba è?
– 95 minuti dopo –
//www.youtube.com/watch?v=a1Y73sPHKxw
Vieni Matthew, sediamoci qui e facciamo due chiacchiere. Tranquillo, non ti farò del male. C’è anche del buono in questo revenge all’acqua di rose, sai. Allora. Ti è piaciuto I spit on your grave, eh? Si vede. Infatti lì c’era Jennifer, qui c’è Julia, ma la struttura non cambia: la protagonista subisce uno stupro di gruppo e per il resto del film sguazziamo insieme a lei nella gioia della vendetta. E capisco il tuo tentativo, davvero: lì dove le azioni di Jennifer apparivano come il frutto di puri istinti primordiali, qui con la tua Julia hai cercato di portare la faccenda a un livello più alto, addentrandoti nei meccanismi psicologici che stanno dietro sgozzamenti, pugnalate ed evirazioni. Di più: l’hai fatto in modo dichiarato, introducendo nella trama questo misterioso terapeuta a cui Julia si affida per superare il trauma della violenza subìta. Un terapeuta che tuttavia, anzichè propinarle anti-depressivi vari e magari accompagnarla a sporgere denuncia, le suggerisce di iniziare a sedurre e uccidere ogni uomo che le capita a tiro.
Ora, Matthew, vedi da solo che in tutto ciò c’è qualcosa che non quadra. O scegli di trattare il tema revenge in modo credibile o scegli la sospensione dell’incredulità e liberi tutti. Senza contare l’improvviso rigurgito moralista di questo sedicente terapeuta, che sì, invita le sue pazienti vittime di violenza a praticare l’omicidio come forma di self-help, ma per carità: che uccidano solo sconosciuti, guai a vendicarsi di chi le ha stuprate! (Spostati Matthew, altrimenti questo enorme MACCOSA non riesce a passare.) Gli antichi Greci direbbero che è proprio in questo passaggio che hai peccato di hýbris. Perché, al di là del discutibile programma di recupero suggerito dal terapeuta di Julia, l’analisi dei suoi complessi meccanismi mentali si concretizza, nei fatti, in: 1) mi hanno stuprata e allora autolesionismo in vasca da bagno; 2) mi hanno stuprata e allora pub crawl come se non ci fosse un domani; 3) mi hanno stuprata e allora inizio a truccarmi come Alice Cooper; e l’immancabile punto 4) mi hanno stuprata e allora mi butto in una relazione lesbo con una tizia che conosco da due giorni.
E poi, Matthew mio, che lentezza. Che noia. Che prevedibilità. Dal momento in cui lo spettatore ha appurato che Julia non solo intende mettere in pratica il consiglio dello psicologo più radiato dall’albo che ci sia, ma anche far morire male i quattro ceffi che l’hanno drogata, stuprata e che effettivamente meritano il peggio, basta: è finito l’interesse della trama. Da lì in poi è un pout pourri di slow-motion, flare, bagliori, interminabili sequenze di NULLA con un’ottima colonna sonora sotto. Tutto tecnicamente ineccepibile, un bel videoclip dopo l’altro, ma perché annacquare così l’exploitation in cui pure ti sei impegnato?
Perché questo ti va riconosciuto: la scelta di Ashley Williams (Human Centipede) come protagonista è stata una bella dichiarazione di intenti e sei riuscito a mantenere fede alle aspettative. Non per nulla, hai subito messo in chiaro che la tua Julia lavora come assistente di un chirurgo estetico: una trovata sempreverde, che apre l’accesso a siringhe, bisturi, lame seghettate e chi più ne ha, più ne metta. Bene l’estrazione dei bulbi oculari di uno degli strupratori, ottima l’evirazione a tutto schermo di un altro. Guarda, ti passo anche il finalone ammazzatutti, che manda definitivamente in vacca ogni credibilità della sceneggiatura, ma hey, c’è una testa decapitata in volo che mi ha persino ricordato Polanski, pensa te. Però sai cosa, Matthew. Se solo fossi arrivata a queste scene con gli occhi meno impastati di sonno, ecco, forse me le sarei godute di più.
DVD-quote:
“No, non ho detto gioia.”
Belen Lugosi, i400Calci.com